PRIVACY MISTERIOSA (Settembre 2004)

Dialogo in treno. Il bambino di tre anni è seduto accanto alla mamma, di fronte ad un'anziana signora.
- Bambino, come ti chiami? -
- Sssst! -
- Come sarebbe a dire? -
- Signola, la plivacy, dove la mette? -
- Vai lontano? -
- Ma signola, non si può dile... -
- Lo chiedo a tua mamma? -
- Mah, bisogna sentile il Galante pel la plivacy... -

Il dialogo è surrreale, ma non tanto distante dal vero.
      Io, la privacy non la capisco. O, meglio, non capisco certe sue interpretazioni ed applicazioni. Faccio sei casi e mi chiedo quale mi disturbi di più. Il lettore provi a fare altrettanto.

1) Necessità di svuotare la cassetta delle lettere da pubblicità varia impersonale.
2) Necessità di aprire corrispondenza pubblicitaria indirizzata personalmente.
3) Necessità di cliccare "cancella" sulla posta elettronica indesiderata.
4) Necessità di subire la tortura di telefonate pubblicitarie e di dover rispondere.
5) Necessità di maneggiare il telefonino per leggere messaggi (pubblicitari od elettorali).
6) Necessità di subire pubblicità televisiva e radiofonica non richiesta, anche su reti per cui si paga il canone.

Se dovessi mettere i sei casi in ordine decrescente di disturbo, direi:

1) Necessità di subire la tortura di telefonate pubblicitarie e di dover rispondere. Ultimamente, mi hanno chiesto se gioco al lotto, se mangio pesce, se bevo vino marca ICS, se voglio un divano marca IPSILON, se ho una casa da vendere, se voglio abbonarmi a non so che cosa, qual è il grado di soddisfazione della mia banca. Io rispondo sempre gentilmente, anche perchè mi piacciono i colloqui, ma non tutti la pensano così. In famiglia, un membro non risponde più al telefono, chiunque chiami, per non dover rispondere ad interviste ritenute importune. Eppure, il Galante (direbbe il bambino del treno) non trova a ridire.

2) Necessità di maneggiare il telefonino per leggere messaggi pubblicitari ed elettorali. E' davvero irritante, perchè mi costringe a smanettare col cellulare, col quale combino sempre pasticci. Inoltre, mi costringe quando vuole il mittente (cioè, quando suona), non come avviene col computer che, se non mi connetto, anche se acceso non mi disturba affatto.

3) Necessità di svuotare la cassetta delle lettere da pubblicità varia impersonale. La mia cassetta è piccola, quando l'apro, tanti fogli cadono per terra, devo chinarmi per raccoglierli ed ho superato i settanta, devo tenere una scatola apposita per eliminarli di tanto in tanto, facendo la camminata fino al raccoglitore. Eppure è prassi comune, è ammessa ed io, paziente, non mi lamento.

4) Necessità di aprire corrispondenza pubblicitaria indirizzata personalmente. Questa mi disturba, specie se mi scrivono per ricordarmi che ho superato i settanta e che, forse, ho bisogno dell'apparecchio acustico, del bastone, del viagra, del lettino reclinabile e così via. Tocco - per così dire - ferro e tiro a campare. Mi chiedo, anche, come facciano a sapere il mio indirizzo e la mia età (dati che non nego a nessuno) e, soprattutto, come facciano a sapere che mi chiamo Giovanni Carlo Giuseppe, mentre risulto dappertutto, anche sulla carta d'identità e sul passaporto, solo Giovanni. Se lo sanno, vuol dire che, tautologicamente, è lecito saperlo.

5) Necessità di subire pubblicità televisiva e radiofonica non richiesta, anche su reti per cui si paga il canone. Mi disturba, ma non più che tanto, perchè posso cambiare canale. Fino a poco tempo fa, poichè si conosce approssimativamente la durata dell'inserto pubblicitario, dopo 3/4 minuti, tornavo al programma preferito. Ma sono diabolici: si sono messi d'accordo, a quanto pare, per effettuare l'interruzione contemporaneamente, in modo da farmi subire la pubblicità come atto di costrizione vero e proprio. Pazienza, ma, se fossi il Galante, interverrei.

6) Necessità di cliccare "cancella" sulla posta elettronica indesiderata. Mi disturba pochissimo, per non dire niente, perchè ci vuole un secondo a cliccare "cancella": non devo parlare, non devo attendere, non devo leggere o vedere (se non voglio); insomma, è come se non ci fosse. Eppure, è l'unico caso in cui pare ci si siano messi di mezzo persino i giudici di pace, anche se il Galante dimostra, in materia, prudenza ed assennatezza. Non capisco, ma mi adeguo.

Noi, che usiamo internet sia per la posta sia per i siti, dobbiamo evitare atti di superbia. Infatti, per molti, non disturba il tempo che si perde per cliccare "cancella"; disturba il fatto che altri ci scrivano. Vorremmo essere soltanto noi a scrivere e ad essere letti. Insomma, vorremmo che non ci fossero altre idee in circolazione e, come lo struzzo, mettiamo la testa sotto la sabbia, per paura della realtà (il pensiero altrui). Anzi, vorremmo che la realtà (sempre il pensiero altrui) non esistesse o non venisse manifestata, almeno a noi. Io diffido di quelli a cui non basta non leggere la posta, ma non la vogliono proprio ricevere: mi fanno paura.

Ma questa è l'Italia, tanto bella e dalle amate sponde...

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