(sonoro)

IL COMPITO DEL BAMBINO CINESE

Questa è la traduzione dal cinese di un compito scritto da un bambino di 11 anni dopo un viaggio in Italia con il papà (probabilmente un gemellaggio tra due città).
      Dedicato a quelli che - turisti, volontari, avventurieri - trascorrono qualche tempo all’estero...

Compito: un viaggio in Italia

Sono andato in Italia con mio papà e i suoi amici. E’ la prima volta che esco dalla Cina. Il mondo di fuori è molto diverso. La signora maestra dice che quei popoli sono più sottosviluppati di noi e noi Cinesi siamo migliori, lo ho visto che davvero laggiù non sono bravi come noi.
      L’Italia è un paese grandissimo, tutto tra le montagne. Dall’aereo sono bellissime. Siamo arrivati all’aeroporto e papà mi ha detto di fare attenzione alle valige, perché era pericoloso. lo ho fatto attenzione, ma a un amico di papà hanno rubato il portafoglio. Lui ha chiamato il poliziotto. Questi non capiva né il cinese né l’inglese e non so cosa si sono detti. Un signore ci aspettava su un minibus e ci ha portato alla città dell’incontro (la città del gemellaggio, non specificata, n.d.t.). Il capo della città ci aspettava davanti al suo palazzo. Aveva un bel vestito elegante, ma sopra aveva messo una fascia colorata rossa bianca e verde che faceva ridere. Credo siano i colori della sua tribù. Dietro a lui c’erano due soldati vestiti di bianco con l’elmo. Uno portava una piccola bandiera su un’asta di plastica. Gli abitanti di quel paese sono ancora primitivi. Invece di fare un inchino, il capo della città ha preso la mano di mio papà e l’ha stretta forte. Credo sia un segno di potere, perché anche gli altri hanno fatto lo stesso, ma con meno forza. Tutti mi toccavano la testa, la guancia, la mano. Forse non avevano mai visto un bambino giallo. Quando papà ha detto che eravamo di Ningpo, nessuno sapeva dov’era. Il capo della città ha detto che lui lo sapeva. Là conoscono solo Pechino e Shanghai. Un signore aveva una mappa del mondo. Era tutta sbagliata, perché la Cina era da una parte e non in mezzo come è davvero. Papà non ha detto niente per non offenderli.
       Abbiamo lasciato le borse in albergo e siamo andati a pranzo. In quel paese non sono ancora civili e non sanno usare i bastoncini. Non tagliano il cibo in cucina, ma ognuno ha un coltello e taglia le cose nel proprio piatto. Noi abbiamo provato a fare come loro, perché papà dice che non bisogna offenderli. Non hanno ognuno la scodella per il riso, ma un cestino di pane in comune per tutti. Tutti Io prendono con le mani. Non bevono tè, ma solo acqua e tanto vino. Il cibo era buono, ma papà mi ha detto di non prendere l’insalata, perché laggiù la mangiano cruda e possiamo prenderci delle malattie. Dopo siamo andati a dormire. Ero molto stanco.
      Il giorno dopo, papà è stato invitato a un’assemblea di quel villaggio e io sono andato con lui. Hanno fatto tanti discorsi in Italiano, ma non c’era ordine nel parlare e, a volte, uno giovane parlava prima di uno vecchio, o una donna parlava prima di un uomo. Un tale seduto vicino a papà traduceva tutto. Papà mi ha poi spiegato che il capo del villaggio viene scelto contando i voti di tutti, e il voto delle donne vale come quello degli uomini, e il voto di uno potente come quello di un povero. A me pare che così sia come dire a un allievo di fare il maestro. In Cina è molto meglio.
      AI pomeriggio sono andati a visitare un museo, ma io ero stanco e ho dormito.
      Il giorno dopo ho visto una cosa stranissima. Tutti i negozi erano chiusi. Il capo del villaggio è venuto all’albergo e ci ha chiesto se volevamo vedere la religione locale. Siamo andati in una grande chiesa. La gente era tutta vestita bene. Papà dice che l’unico vestito bello Io mettono la domenica. Davanti c’era uno con un vestito lungo bianco e verde, che dava degli ordini e tutti si alzavano, si sedevano, si inginocchiavano. C’era anche la musica. Poi tutti devono dare dei soldi per fare la coda e prendere un piccolo pezzo di pane. Non Io danno agli stranieri, per cui noi siamo stati seduti.
      Dopo un altro dei loro pranzi, papà è andato a un incontro. Dei signori mi hanno portato in montagna. E’ stato bellissimo. Non hanno fabbriche e l’aria è pulita. Spero che quando la civiltà cinese arriverà qui non distrugga quei bei posti. Il giorno dopo...

*****

"Ma quando l’avrò durata l’eroica fatica di tradurre questa storia, si troverà poi chi duri la fatica di leggerla?".
      Così diceva il Manzoni e così mi vien da pensare.
      Questa riflessione dubitativa, nata dal travaglio del decifrare un carattere cinese che veniva dopo "dopo", mi fece sospendere il lavoro e pensare più seriamente a quello che convenisse fare.
      Dirlo o no dirlo che è tutto uno scherzo, che questo compito non esiste se non nella mia fantasia?
      Non è divertente, temo riesca solo ad annoiare. E anche se non s’è fatto apposta, è meglio non esagerare.
      Però.., se servisse a far riflettere?

Nella foto: Il bambino del compito?

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