(sonoro)

LA CINA E IL MANDATO DEL CIELO (continuazione)

Anche il declino della dinastia Ching, che regnò in Cina dal 1600 al 1911, iniziò con la sconfitta nella "guerra dell'oppio" del 1841, che portò alla cessione di un pezzo di Cina (Hong Kong) all'Inghilterra. In seguito, ci furono le cessione di pezzi di Shanghai e Pechino agli occidentali (le "concessioni"), che suscitarono la rivolta xenofoba dei Boxers, nel 1900.
      Un imperatore che "perde i pezzi" significava, per dirla alla cinese (ma abbiamo visto che è un principio universale), che aveva perso il "mandato del cielo", cioè, la protezione e approvazione divina.
      Altri segni che il "mandato del cielo" vacilla possono essere una crisi economica (come quella degli anni '50, che infatti Mao cercò di nascondere a tutti i costi) o i disastri naturali (il terremoto di Tangshan - 240.000 morti! - che precedette la morte di Mao nel 1976, o quello del settembre scorso che ha preceduto la sconfitta del KMT a Taiwan).
      Infatti, in Cina l'imperatore comanda non per volontà del popolo, come in una democrazia, ma per mandato divino. Su questo ci sarebbe da aprire un altro interessantissimo capitoletto, che, partendo dal "Dio me l'ha data - la corona -e guai a chi me la tocca" di Carlo Magno o Napoleone, arriva al "Got mitt uns" ("Dio è con noi") scritto sui cinturoni delle SS, passando dal Paradiso, canto X o giù di lì, dove Dante parla del rapporto Imperatore-Dio. Ma temo che il lettore voglia venire al nocciolo, e Io accontento.
      Poiché la dinastia Ching aveva dato segni di aver perso il "mandato del cielo", fu detronizzata nel 1911, ad opera di una rivolta guidata da un dottore minuto chiamato Sung Yat-Sen. Egli era un ideologo, non un condottiero e, dopo una decina di anni di guerre intestine, due nuovi imperatori si affacciarono al potere: Chiang Kai-Shek e Mao Tse-Tung. I due, prima si fecero la guerra, poi, sul finire degli anni '30, fecero la pace per fare la guerra ai Giapponesi che nel frattempo avevano invaso la Cina; poi, dopo Hiroshima, si rifecero la guerra, finchè nel 1949 Chiang fu sconfitto e si ritirò nell'isola di Taiwan con il suo esercito.
      Tuttavia, sia Mao sia Chiang sapevano che in Cina - e altrove, come detto - non si può stare al potere se si "perdono i pezzi". Il problema è che Chiang non aveva la forza di tornare in Cina, nè Mao quella di prendere Taiwan.
      Entrambi decisero così di continuare a sostenere che la Cina era un solo grande impero, che andava dal Tibet a Taiwan compresa. C'erano però due governi e due imperatori. Uno, chiamato Presidente della Repubblica Popolare Cinese (PRC), con sede a Pechino, di nome Mao Tse-Tung, e uno, chiamato Presidente delta Repubblica Cinese (ROC), con sede a Taipei, di nome Chiang Kai-Shek. Il principio deIl"una sola Cina" fu necessario ad entrambi per conservare i potere di fronte ai propri sudditi e dimostrare la validità del "mandato del cielo".

Il problema di Taiwan

Il partito di Chiang Kai-Shek si chiama "Kuo-mingtang" (KMT), o "Partito Nazionalista"; quello di Mao, "Partito Comunista Cinese" (PCC). Durante i suoi primi 40 anni sull'isola di Taiwan, il KMT ha sempre ripetuto di essere il vero governo di tutta la Cina, temporaneamente in esilio.
      La comunità internazionale era giustamente confusa. Fino agli anni '70 nessuno stato riconosceva Mao come capo di stato della Cina. L'Italia, su pressioni della sinistra, fu tra i primi a cambiare i rapporti diplomatici da Taipei a Pechino. Chi tra i lettori era ragazzo prima del 1970 ha quindi studiato alle elementari che la Cina si chiama "Repubblica di Cina"; chi l'ha studiata dopo, che si chiama "Repubblica Popolare di Cina". Non dipende quindi dall'ignoranza essere oggi un po' confusi, ma solo dall'anagrafe.
      In seguito, dopo la famosa visita di Nixon a Mao nel 1972, anche gli Stati Uniti abbandonarono la loro ambasciata di Taipei, seguiti da tutti gli altri paesi occidentali. NeI 1979 il seggio "Cina" dell'ONU fu trasferito alla Cina comunista. Oggi ci sono solo 27 staterelli, tra cui il Vaticano, che riconoscono Taiwan come legittimo governo di tutta la Cina.
      Fino aI 1987 a Taiwan c'era la legge marziale, i militari avevano il potere e chi parlava di indipendenza dell'isola, o anche solo parlava dialetto Taiwanese invece che Mandarino, rischiava pene severe, compresa la condanna a morte. Il 28 febbraio del 1947, i soldati del KMT avevano massacrato migliaia di Taiwanesi che volevano l'indipendenza dell'isola.
      Poi, sul finire degli anni '80, arrivò alla presidenza della ROC, cioè, di Taiwan, un politico di nome Lee Tung-Huei, nato nell'isola e non nella Cina continentale, cresciuto ed educato in Giappone e con un forte interesse per gli Stati Uniti. Lee iniziò un processo di democratizzazione e multipartitismo (il "Time" lo ribattezzò "Mister Democracy"), abolì la legge marziale e il partito dei Taiwanesi, chiamato "Partito Progressista Democratico" cominciò a crescere. Un nuovo senso di identità maturò tra gli abitanti di Taiwan, il concetto di "nuovo popolo Taiwanese" si diffuse, nelle scuole si cominciò ad insegnare Taiwanese.
      Tre anni fa, il 28 febbraio fu dichiarato festa nazionale.
      L'economia fiorente diede coraggio ed entusiasmo agli abitanti dell'isola, che grazie alta propria potenza militare era, ed è, imprendibile dalla Cina Popolare; il 18 marzo 2000 il leader del Partito Progressista, e filo indipendentista, Chen Shue-Bien, veniva eletto Presidente.
      Ma ecco il problema: l'isola di Taiwan è adesso democratica e il potere si perde o guadagna a colpi di voti e non per "mandato del cielo". Ma, per Pechino, questo è inaccettabile. Se la Cina perde "un pezzo", cioè, se Taiwan dichiara la propria indipendenza formale, i leader di Pechino perdono anch'essi il "mandato del cielo" ed è la fine del Partito Comunista.
      Jiang Zeming, presidente della Cina Popolare, ha detto nel 2000: "Possiamo parlare con Chen Shue-Bien, ma a patto che accetti il principio che c'è una sola Cina". Chen Shue-Bien ha risposto: "Sono pronto a dialogare sul principio che c'è una sola Cina" (cioè, a metterlo in discussione). Il premier cinese Zhu Rong-Ji ha detto arrabbiato a un giornalista che gli chiedeva se erano pronti a trattare con mister Chen: "Tu non capisci la storia cinese!".
      
      Nella foto: Padre Michele Ferrero parla della Cina dai microfoni di Radio Maria.

Indietro
lettera successiva
torna all'indice
Torna a GRANO E RISO