Verità vo cercando

Verità vo cercando... (Gennaio 2005)

 

Caro Beato Angelo Carletti, compatrono della città di Cuneo,

 

Il 29 Novembre scorso, in rappresentanza del mio Comune (Novello), presenziai, nel salone della Provincia, alla commemorazione dell'eroe nazionale Duccio Galimberti.

Forse, volteggiando invisibile, c'eri anche Tu ed avrai notato che, per la verità, non furono dette grandi novità che già non conoscessimo, ma qualche nuovo stimolo ad approfondire la mia conoscenza lo ebbi. Non mi colpì tanto il fatto della poca chiarezza sulla modalità della morte dell'eroe o il fatto che, nel suo programma di costituzione europea, postulasse l'avvento di una moneta unica ma negasse il diritto di voto alle donne ed a chi non aveva un solido titolo di studio, quanto l'insofferenza con cui queste conclamate verità furono accolte, specie su certa stampa cuneese.

L'oratore più agguerrito, il prof. Aldo A. Mola, storico di fama internazionale, sostenne chiaro chiaro che Galimberti fu ucciso da truppe italiane, non tedesche; così come sostenne (ma già si sapeva) che il suo arresto a Torino, mentre circolava con documenti apparentemente in regola intestati al perito tecnico Garnero, non fu casuale, ma opera di una soffiata. E che cosa compare su un (peraltro, apprezzabile) settimanale cuneese? Questo titolo: "La morte di Galimberti voluta dai partigiani?", col sopratitolo "L'ultima sorpresa del revisionismo nostrano".

E chi mai disse qualcosa del genere? Certamente, nessuno dei tre oratori che si susseguirono. Allora, da dove nasce quel titolo? Caro Beato, non fare il maligno e non pensare a quel proverbio sul sospetto e sul difetto: non sarebbe da Te...

L'articolista fa (o tenta di fare) dell'ironia, forma letteraria che a me piace molto e che uso spesso. Ma non porta nè un ragionamento nè un documento a sostegno di una verità diversa da quella prospettata dall'oratore. Come Tu sai, quando mi accingo a far dell'ironia, mi pongo sempre questa domanda: sono in grado di sostenere per iscritto, senza ironia, le cose che mi propongo di trattare ironicamente? Solo se la risposta è affermativa, procedo. Sennò, si scrive soltanto pour épater le bourgeois, senza curarsi della verità.

Quella sera ebbi un'impressione che mi lasciò a disagio. Fra il pubblico, c'erano vecchi partigiani, ormai ottantenni e più, i quali erano dispiaciuti che quella fosse la verità; si vedeva dalle loro facce. Ma non mettevano in dubbio la verità.

C'era anche un gruppetto di ex sessantottini, quei signori, ora 55/sessantenni, che tanto si diedero da fare trent'anni fa. Li hai visti anche Tu? Si agitavano, mormoravano, se avessero avuto argomenti avrebbero voluto contestare l'oratore. Il principale, l'articolista, non fece altro che uscire ostentatamente, lentamente, scuotendo il capo, intimamente convinto di essere il depositario della verità, della sua verità, in cui crede con fede assoluta, impermeabile ad ogni serio studio storico.

Quasi quasi, mi faceva tenerezza. A Te no?

Perché, sai, io ho la convinzione che il sessantottismo sia come la meningite: di quelli che guariscono, molti rimangono toccati. Per tutta la vita.

Parole sagge, quasi commoventi, invece, le ha scritte P. T., parlando di Galimberti in occasione del concerto di Ghedini. Su LA MASCA del 7 Dicembre, non si è nascosto dietro un dito; ha detto cose vere, viste dal suo punto di vista, ed ha perfino lodato il Sindaco, che "pensa da cattolico" (secondo lui).

Caro Beato, Tu che sai tutto (o quasi), aiutaci nella costante ricerca della verità, anche se, a volte, scomoda.

Con devozione, il Tuo fedelissimo

Giovannino del Maestro

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